Pianta della famiglia delle
Compositae, o Asteraceae secondo le più moderne classificazioni,
distribuita in Europa ed Asia. In Italia è
assai comune dal piano alle zone submontane, nei luoghi umidi, sulle rive
scoscese, lungo i fossi o gli argini dei
fiumi.
GENERALITÀ Il
farfaraccio è una pianta erbacea a rizoma perenne di grosse dimensioni,
carnoso, che emette nella primavera un fusto fiorale alto anche più di 50
cm. Non sono presenti a questo stadio di vegetazione le foglie basali, che si
sviluppano solo più tardi, al termine della
fioritura. Le foglie basali sono molto grandi,
arrivando quasi al metro di diametro; hanno forma più o meno arrotondata,
con base decisamente cordata, a margine seghettato. La superficie superiore
della pagina fogliare è glabra, mentre quella inferiore è
tomentosa e di colore biancastro. I fiori sono
raccolti in capolini a loro volta distribuiti in racemi allungati, eretti. I
fiori singoli di colore rossiccio sono tutti tubolosi e presentano antere
biancastre. I frutti sono degli acheni cilindrici
piccolissimi provvisti di pappo, che serve alla disseminazione a
distanza. Per scopi terapeutici si utilizzano il
rizoma, i capolini, le foglie.
IMPIEGO
TERAPEUTICO Anche il farfaraccio è pianta
nota sin dall'antichità soprattutto per le sue proprietà
diuretiche e tossifughe. Oggi invece viene utilizzato principalmente per le
proprietà sedative, astringenti,
vermifughe. Per le sue proprietà sedative
è particolarmente indicato per combattere l'eccitazione nervosa,
nell'insonnia, negli stati ansiosi, nelle turbe nervose che accompagnano
normalmente il climaterio. Per le sue
proprietà astringenti esterne viene utilizzato per la foruncolosi e per
le dermatiti, con o senza processi ulcerativi o piaghe. Per le sue blande
proprietà vermifughe risulta efficace, soprattutto per i bambini, contro
gli ascaridi. I princIpi attivi del farfaraccio
sono: sostanze tanniche, mucillagini, zuccheri, alcuni derivati dall'acido
angelico, quali l'estere detto petasina e il petasolo (un
alcool). L'azione sedativa e antiasmatica del
farfaraccio è legata alla presenza di questi ultimi principi attivi. La
petasina infatti è un buon antispastico che agisce sugli organi isolati a
una concentrazione assai bassa, ed è attiva come la
papaverina.
PREPARAZIONI -
Uso interno: si utilizzano il rizoma e i fiori. Con
il rizoma ridotto in polvere si prepara un decotto; ne occorrono 40 g per litro
d'acqua. Si lascia bollire per 10 minuti, poi si filtra per tela. Si somministra
nella dose di 2-3 tazzine al giorno. Con il rizoma
si prepara anche una tintura, utilizzando 200 g di rizoma e radici finemente
sminuzzate per litro di alcool a 60°. Si lascia a macero per una settimana,
si filtra per tela, si lascia invecchiare per un mese. Si prende nella dose di
3-4 cucchiai al giorno. Le preparazioni sopra
indicate (decotto e tintura) eliminano l'eccitazione nervosa e i disturbi dovuti
a ipertensione, e in genere le turbe nervose e la
tosse. Con i fiori si prepara un infuso,
utilizzando 20 g per litro di acqua bollente. Si lascia a riposo per 5-10
minuti, si filtra per tela. Si prende a tazzine, 2-3 al giorno, nei casi di
bronchiti con tosse stizzosa.
- Uso
esterno: si utilizzano le foglie o i fiori. Con queste parti essiccate della
pianta si prepara un infuso: ne occorrono 50 g per litro di acqua bollente. Si
lascia riposare per 5 minuti, si filtra per tela. Si utilizza questo infuso per
fare sciacqui e gargarismi o per la preparazione di compresse imbevute,
particolarmente utili in tutte le infiammazioni della
pelle. Gli sciacqui e i gargarismi sono indicati
per le infiammazioni della mucosa del cavo
orale.
RACCOLTA E
CONSERVAZIONE Il rizoma del farfaraccio si
raccoglie al termine del periodo vegetativo, in autunno, da ottobre a novembre,
scavando con una zappa o con una vanga e ripulendolo dal terriccio con un
coltello. Si taglia in pezzi lunghi 5 cm e se del
caso anche longitudinalmente, per facilitare l'essiccamento. Si pone a seccare
al sole per due giorni, poi all'ombra. Il rizoma va conservato in sacchetti di
carta o di tela. Deve essere rinnovato ogni due
anni. I capolini si raccolgono al momento della
fioritura, da marzo ad aprile. Si distaccano dal fusto lasciando la minor parte
possibile dei peduncoli e si dispongono a seccare all'ombra in sottile strato su
setacci a maglie piuttosto fitte. I capolini così preparati vengono
conservati in vasi di vetro scuro chiusi o in sacchetti di carta
chiusi. Le foglie si colgono da maggio a giugno,
quando sono completamente formate. Eliminati i piccioli, vengono fatte seccare
all'ombra, disponendole in sottile strato su graticciati, in locale ben aerato.
Si conservano poi in sacchetti di carta o di tela. Sia i capolini che le foglie
vanno rinnovati tutti gli anni. La coltivazione del farfaraccio non è
necessaria, essendo la pianta comune ovunque, soprattutto in prossimità
dei corsi d'acqua. Qualora si voglia tentare una coltivazione sperimentale,
conviene senz'altro partire per trapianto di rizomi, che vanno raccolti con il
pane di terra e messi a dimora in terreno umido, a
mezz'ombra. Il farfaraccio non è
particolarmente esigente e viene bene in qualsiasi tipo di terreno; preferisce
tuttavia i terreni argillosi. L'impianto di coltivazione può durare 3-4
anni.
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